Antonio Gramsci è un intellettuale e politico italiano. È tra i protagonisti del dibattito politico e culturale del Novecento. Nasce il 22 gennaio 1891 ad Ales, in Italia. La sua famiglia vive in condizioni modeste. Gramsci trascorre un’infanzia difficile, anche a causa dei suoi problemi di salute. A 20 anni si trasferisce a Torino per studiare all’università. Ben presto, però, mette da parte gli esami per coltivare la sua vocazione politica e stringe amicizia con Palmiro Togliatti, futuro leader della sinistra italiana. A 22 anni entra nel Partito socialista. 2 anni dopo inizia a scrivere per l’Avanti!, il giornale del Partito.

In Russia scoppia la Rivoluzione d’Ottobre. Lo Zar, il sovrano dell’impero russo, viene deposto da una rivolta popolare. Salgono al potere i bolscevichi, un gruppo di rivoluzionari socialisti. Gramsci sostiene che è ora di passare all’azione anche in Italia e auspica a una rivoluzione del popolo, sotto la guida del Partito socialista. Ma il Partito socialista italiano continua a mantenere posizioni moderate. Nel 1921, insieme ad altri fuoriusciti del Partito socialista, Gramsci fonda il Partito comunista italiano.

Quindi si reca in Unione Sovietica, dove prende parte all’Internazionale, il congresso di tutti i Partiti comunisti del mondo. Torna in Italia nel 1924. Fonda l’Unità, il quotidiano del Partito comunista, e viene eletto deputato. Ma la sua carriera politica si interrompe bruscamente. In questo periodo l’Italia vede l’ascesa al potere di Benito Mussolini. Poiché Gramsci si oppone al suo regime dittatoriale, nel 1928 viene condannato a 20 anni di carcere. Negli anni di prigionia, Gramsci opera una profonda svolta nel suo pensiero politico.

Prende le distanze dal socialismo sovietico e ne elabora una versione meno dogmatica: ritiene, infatti, che le società occidentali abbiano caratteristiche completamente diverse da quelle della Russia. Per Gramsci, il processo di costruzione di una società più egualitaria, deve essere graduale e coinvolgere anche la borghesia. Nel contempo Gramsci, minato da una salute sempre più compromessa e dalla solitudine della prigionia, comincia a nutrire il sospetto di essere stato tradito dai vecchi compagni di partito, tra cui l’amico di gioventù Togliatti.

Nelle lettere alla moglie Julia Schucht e alla madre, cui lo lega un attaccamento morboso, confida il timore che il PCI non si adoperi per la sua scarcerazione, perché non condivide la sua svolta antisovietica. È infine lo Stato fascista a concedergli la libertà a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Ciò nonostante Gramsci muore per emorragia cerebrale il 27 aprile 1937, a Roma, all’età di 46 anni. Gli scritti di Gramsci vengono pubblicati postumi con il titolo di Quaderni dal carcere. La via al socialismo da lui proposta è a tutt’oggi materia di studio in tutto il mondo, ma non ha finora trovato concreta applicazione.

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