L’affaire Dreyfus è uno scandalo politico francese che a fine Ottocento ottiene enorme risonanza. Dopo il crollo del Secondo Impero, nasce in Francia la Terza Repubblica, un governo di tipo parlamentare, dove prevalgono due forze politiche in contrasto tra loro: la sinistra repubblicana e la destra nazionalista e monarchica. Nel 1894 viene trovato in un cestino dell’ambasciata tedesca un biglietto anonimo che contiene un elenco di documenti militari segreti. Le indagini si concentrano su Alfred Dreyfus, l’unico ufficiale ebreo dell’esercito francese.

La destra, che ha molti legami all’interno dell’esercito, scatena una campagna antisemita che riesce a influenzare l’esito del processo. I repubblicani ritengono invece l’ufficiale un capro espiatorio. Dreyfus viene condannato dal Consiglio di guerra il 22 dicembre 1894. Viene degradato e deportato sull’isola del Diavolo, nell’Oceano atlantico. Nel 1896 il nuovo capo del Servizio Informazioni dello Stato maggiore, il tenente Georges Picquart, scopre che l'ambasciata tedesca era da tempo in contatto con un altro ufficiale, il maggiore Esterhazy, un nobile coinvolto in diversi affari al limite della legalità. Riesce quindi a far riaprire il caso.

Nonostante le prove a suo carico, nel 1898 il consiglio di guerra assolve Esterhazy. Il colonnello Picquart viene rimosso dall’incarico e spedito in zona di guerra. Dreyfus resta in esilio. Il 13 Gennaio 1898 Emile Zola pubblica sulla rivista letteraria Aurore il celebre J’accuse, una lettera al Presidente della Repubblica in cui lo scrittore francese si schiera a favore di Dreyfus e contro i vertici del governo, il clero e le forze reazionarie del paese. Si scatena un dibattito sui giornali che fa dell’affaire Dreyfus il primo caso mediatico della storia. Zola fugge a Londra dopo essere stato condannato a un anno di carcere e a una multa di 3.000 franchi per vilipendio delle forze armate. Muore nel 1902 per un incidente sospetto, secondo alcuni collegato all’affaire Dreyfus.

Nell’agosto del 1898 un colonnello, Hubert Henry, confessa di avere falsificato alcuni documenti sull’affaire Dreyfus e si suicida. Il ministro della guerra Cavaignac si dimette. Il 7 agosto 1899 a Rennes si riapre il processo. Dreyfus viene condannato a 10 anni di lavori forzati. Ma il 19 settembre il presidente della Repubblica Loubet gli concede la grazia. Nel 1906 la Corte di Cassazione annulla la sentenza di Rennes e Dreyfus viene reintegrato nell'esercito, ricevendo anche la Legione d'onore. Picquart, il primo ufficiale ad aver difeso Dreyfus, viene promosso generale di brigata. L’assoluzione di Dreyfus è un grande successo per il partito laico e repubblicano, e segna il declino delle forze più conservatrici legate alla nobiltà e alla monarchia.
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