Nelle università di molti Paesi del mondo scoppia una contestazione studentesca di portata storica. È uno scontro tra le vecchie e le giovani generazioni, tra due modi di vedere il mondo. Dalla fine degli anni 50, i Paesi occidentali conoscono uno sviluppo economico straordinario. Lussi impensabili fino a pochi anni prima entrano nelle case di molti. Le famiglie possono permettersi di far studiare i figli. Migliaia di giovani affollano le università, che fino a pochi anni prima erano un privilegio per pochi. Intorno alla metà degli anni ’60, in alcuni college statunitensi, gli studenti organizzano manifestazioni per chiedere riforme nella didattica: i giovani vogliono avere un ruolo più attivo nella gestione del sapere. Il rifiuto da parte delle autorità accademiche è netto: si verificano i primi scontri. Le proteste degli studenti escono presto dai confini delle università, e si fondono con il movimento pacifista che chiede il ritiro delle truppe statunitensi dal Vietnam, teatro di una difficile e sanguinosa guerra. Nello stesso periodo, emerge con forza negli USA anche la lotta per i diritti civili della comunità nera: nascono gruppi di lotta come le Black panthers, le “pantere nere”.

I giovani diventano un fronte unico contro il mondo degli adulti, di cui non riconoscono l’autorità. Coniano lo slogan Don’t trust anybody over 30, Non fidarti di chi ha più di 30 anni. Vogliono costruire un mondo diverso: propugnano il pacifismo e l’uguaglianza, difendono le minoranze e contestano la società dei consumi di cui sono figli. Nel maggio del 1968 viene occupata la Sorbona, l’università di Parigi. Da qui la protesta si diffonde in tutta Europa e giunge fino in Giappone. Ovunque, i contestatori si identificano negli stessi ideali, ed esprimono anche nel modo di vestire la loro volontà di rompere con il passato. I giovani del mondo formano un unico popolo: è una delle prime forme di globalizzazione. In Francia e in Italia il movimento studentesco appoggia le rivendicazioni sindacali del movimento operaio, e la lotta delle femministe per l’emancipazione delle donne. In Germania, è particolarmente dura la rivolta contro la generazione dei padri, considerata complice del nazismo. In Cecoslovacchia la lotta assume la forma di una protesta politica contro l’influenza dell’Unione Sovietica nel Paese. I moti del ’68 si placano progressivamente nel giro di pochi anni. Hanno contribuito a rendere più aperta la società, e a far nascere la categoria sociale dei giovani, che prima di allora erano consideranti degli adulti non ancora maturi. Ma il ’68 lascia anche un’altra eredità: alla messa in crisi del sapere accademico non segue infatti la nascita di una nuova cultura, in grado di rispondere agli interrogativi del nostro tempo. Resta così campo libero per la comunicazione di massa, capace di raggiungere grandi numeri di persone, ma portatrice spesso di messaggi effimeri.
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