Poeta, drammaturgo e narratore italiano, Gabriele D’Annunzio è un esponente del Decadentismo, corrente artistica europea che pone la propria attenzione sui lati più oscuri e irrazionali dell’esistenza. D’Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo 1863. A sedici anni, ispirato dallo stile classico del connazionale Carducci, pubblica la raccolta di poesie Primo Vere. Nel 1881 si trasferisce a Roma. Vive la sua vita come un’opera d’arte, e con il suo stile raffinato e la sua condotta gaudente influenza i gusti dell’aristocrazia romana. Nel 1889 pubblica Il piacere, romanzo che narra le avventure erotiche vissute dall’autore, che durante la sua vita avrà numerose amanti. Nelle sue opere degli anni ‘90 comincia ad affacciarsi il mito del superuomo, ispirato alla filosofia di Nietzsche: il superuomo è una personalità forte, che si distingue dalla massa, affermando se stessa al di là di ogni vincolo morale e sociale. Dal 1894 D’Annunzio inizia una relazione con l’attrice Eleonora Duse. Scrive diverse opere teatrali, come Francesca da Rimini, che la stessa Duse porta sul palcoscenico.

Tra il 1903 e il 1904 pubblica i primi tre volumi delle Laudi, opera poetica che resterà incompiuta. In queste liriche descrive il senso di comunione che lo lega alla natura, ma celebra anche le città italiane dell’antichità, simbolo per lui di un passato glorioso a cui deve ispirarsi l’Italia del presente. D’Annunzio si trasforma in poeta vate, cioè un artista-profeta che appoggia il nazionalismo e le imprese militari del suo Paese. Allo scoppio della Prima guerra mondiale si arruola come volontario, compiendo una serie di imprese che ha larga risonanza. Nel 1919, finita la guerra, D’Annunzio, insieme a un gruppo di legionari marcia sulla città di Fiume rivendicando l’annessione dell’Istria e della Dalmazia all’Italia. Occupa Fiume fino al 1920, quando è costretto alla resa dal governo Giolitti che firma il Trattato di Rapallo con la Jugoslavia rendendo la città indipendente.

D’Annunzio appoggia l’ascesa del fascismo, che però lo lascia in disparte: la sua popolarità rischia infatti di oscurare quella di Mussolini. Nel 1921 si ritira a Gardone Riviera, a Brescia, in una villa che trasforma in museo dedicato alla celebrazione del proprio mito: il Vittoriale degli italiani. Muore il 1 marzo 1938. A causa dei legami di D’Annunzio col fascismo, nel secondo dopoguerra l’opera del poeta viene lasciata in ombra dalla critica. In tempi recenti la sua figura è stata invece rivalutata: oggi è considerato uno dei più grandi letterati del Novecento italiano.



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