Deng Xiaoping è un politico cinese. Guida la Cina dalla fine degli anni ‘70 all’inizio degli anni ‘90, aprendola all’economia di mercato e trasformandola in una potenza mondiale. Nasce il 22 agosto 1904 a Guang’an, da una famiglia benestante. Dal ‘20 al ‘27 studia in Francia e Unione Sovietica, e in questo periodo si avvicina al marxismo. A 23 anni rientra in patria, e poco dopo si unisce al governo autonomo comunista creato da Mao Zedong nella provincia di Jiangxi, nel Sud Ovest della Cina. Deng diventa uno dei principali esponenti del Partito comunista cinese. Nel ‘49 i comunisti prendono il potere: nasce la Repubblica Popolare Cinese, alla cui guida c’è Mao Zedong. Convinto sostenitore della politica di Mao, nel 1954 Deng è segretario generale del partito.

Nella seconda metà degli anni ‘50 il rapporto con Mao si incrina: Deng critica infatti il cosiddetto Grande balzo in avanti, campagna voluta da Mao per far decollare l’economia. In seguito al fallimento del “Grande balzo in avanti”, Deng emerge come uno dei più importanti politici cinesi. Pochi anni dopo, Mao lancia la Rivoluzione culturale, con lo scopo di contrastare gli oppositori interni al partito, e riprendere il controllo del Paese: nel ‘67 Deng è confinato in una remota fattoria di provincia.

Resta lontano dalla vita pubblica per sette anni: riappare nel ‘73, ma solo tre anni dopo, alla morte di Mao, può raggiungere i vertici del potere. Pur non ricoprendo le cariche più alte dello Stato, dalla fine del 1978 Deng è di fatto il leader indiscusso del Paese. Deng rinuncia al marxismo rigoroso di Mao, e introduce in Cina elementi dell’economia capitalista: il suo obiettivo è favorire la crescita del Paese attraverso la proprietà privata, la concorrenza e l’import-export. La ricetta di Deng funziona, e l’economia compie passi da gigante.

In politica estera si avvicina alle potenze occidentali: nel 1980 il Paese aderisce al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale, e nel 1984 si assicura la futura restituzione alla Cina dei territori di Hong Kong e Macao, ancora sotto il controllo coloniale europeo. Ma il governo di Deng è segnato anche da un forte autoritarismo e da una rigida censura: il Partito comunista è l’unica forza politica, e gli oppositori sono perseguitati. Ciò emerge con chiarezza in occasione delle proteste studentesche che culminano nelle manifestazioni di piazza Tienanmen, a Pechino. Il 4 giugno 1989 l’esercito apre il fuoco sui dimostranti, che chiedono maggiore libertà e democrazia: i morti sono centinaia, diecimila i feriti. Pochi mesi dopo, Deng si ritira dalla vita politica, mantenendo però una notevole influenza sulla vita del Paese. Muore a Pechino il 19 febbraio 1997, all’età di 92 anni.

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