Marzo 1985. Il leader sovietico Mikhail Gorbaciov avvia una serie di riforme destinate a cambiare il volto dell’Unione Sovietica, la federazione di Stati che governa l’Est europeo da quasi 70 anni. Inizia il processo politico chiamato perestrojka: in russo, ristrutturazione. Fin dalla sua nascita, nel 1922, l’Unione Sovietica segue il modello economico e politico del Comunismo. Tutto il potere economico è nelle mani dello Stato, che controlla direttamente le industrie, le coltivazioni e ogni altra risorsa produttiva. Lo Stato è governato da un solo partito, il Partito Comunista Sovietico. Non si tengono elezioni: è il Partito stesso a scegliere i propri rappresentanti. Il commercio con i Paesi al di fuori dell’Unione Sovietica è molto limitato. Sulla lunga distanza, questo sistema di governo si rivela poco efficace: negli anni ’80 l’Unione Sovietica attraversa una grave crisi economica. Il 10 marzo 1985 muore Konstantin Chernenko, segretario del Partito Comunista e massima autorità dell’Unione. Il suo successore, Mikhail Gorbaciov, decide che per l’Unione Sovietica è arrivato il momento di voltare pagina. Gorbaciov riforma il sistema politico. Il Partito Comunista rimane l’unico partito dell’Unione. Ma ora sono i cittadini che decidono da chi essere governati, tramite apposite votazioni. Gorbaciov inaugura la glasnost, in russo “trasparenza”: concede ai cittadini maggiori libertà e migliora i rapporti con le altre potenze mondiali. Firma un trattato per la riduzione degli armamenti nucleari con Ronald Reagan, Presidente degli Stati Uniti.

E ordina il ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan, invaso nel 1979 per tentare di imporre un governo comunista. L’apertura non è solo politica ma anche commerciale: vengono incoraggiate trattative economiche con i Paesi esterni all’Unione. Inoltre la proprietà e la gestione delle industrie non è più un’esclusiva del governo ma è concessa in parte anche ai privati. I cittadini sovietici ricevono voucher grazie ai quali possono acquistare quote azionarie delle aziende statali. Una volta diventati azionisti potranno incassare percentuali sulla produzione statale. Incalzati dalle ristrettezze economiche, i cittadini sovietici rinunciano all’acquisto delle azioni e rivendono i voucher a un valore inferiore. I capitali delle aziende vanno in fumo. Lungi dal favorire un aumento della produzione, il sistema dei voucher provoca il crollo definitivo dell’industria sovietica. L’Unione Sovietica è più povera di prima. Nel 1990 molte famiglie sovietiche si ritrovano con i risparmi azzerati. Il fallimento economico della perestrojka sarà uno degli elementi che porteranno l’Unione Sovietica alla disgregazione.

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