Geisha è una parola giapponese che significa “persona esperta nelle arti”. Figura tradizionale della cultura giapponese, la geisha è fra i protagonisti della società cittadina seicentesca anche se la sua origine si perde nella notte dei tempi. Tra il XVII e il XIX secolo, i valori dell’aristocrazia feudale giapponese entrano in crisi: nella Tokyo dell’emergente classe borghese, la condanna per l’attaccamento alle cose terrene viene sostituita dalla valorizzazione dei piaceri quotidiani, fugaci e effimeri: è in questo tipo di società che si diffonde l’arte della geisha. Una parte della mistica giapponese concepisce l’eros come via spirituale. La sessualità coinvolge non solo il corpo ma anche la mente. Non si riduce alla consumazione dell’atto sessuale ma consiste in un’arte che abbraccia diverse attitudini. È l’arte erotica e la geisha ne è la maestra. Colei che aspira a diventare geisha, deve sottoporsi a un lungo percorso. Quando entra nell’okiya, la casa dove le geishe vengono addestrate, la giovane affronta un duro lavoro di governante. Superato un difficile esame di danza diventa minarai: non deve più fare i lavori di casa e assiste agli incontri delle geishe con i loro clienti senza, però, partecipare.

In seguito diventa maiko; segue le geishe in ogni loro incontro, prende parte alla conversazione e affina le arti per praticare il mestiere. L’obiettivo è il raggiungimento dell’Iki. L’Iki è la raffinatezza, è la capacità di saper comunicare un erotismo contenuto. La perfezione esterna è segno della forza dello spirito. Una geisha, innanzitutto, deve sapersi destreggiare sia nella conversazione brillante che in svariate arti: lo studio dello shamisen, una specie di liuto; il cha-no-yu, l’arte di amministrare la cerimonia del tè; l’ikebana, la maestria nel disporre i fiori. L’enfasi non è tanto sul nudo femminile quanto sull’equilibrio della figura e la delicata tensione tra naturalezza e teatralità dei gesti. Le sopracciglia sono completamente depilate per essere ridisegnate più in alto in modo da slanciare il viso. La voce è finemente modulata. I capelli, lunghissimi, sono rigorosamente raccolti; le labbra, di un rosso intenso, hanno l’aspetto di petali. I piedi anche in inverno sono coperti da calze di seta ; il kimono è stretto intorno al corpo; la nuca, lasciata scoperta, è considerata particolarmente ammaliante. Le mani si destreggiano con ventagli e ombrellini. Il viso, ricoperto di una tinta bianca, fa assumere alla pelle l’aspetto della porcellana. La geisha si prende cura del proprio signore come farebbe una divinità distante e perfetta. Il rapporto infatti, contrariamente a quanto si pensa, non porta quasi mai alla consumazione carnale. Questa grande cultura ha conosciuto tuttavia una lenta e progressiva mercificazione a partire dal secondo dopoguerra. Dopo che il Giappone è uscito umiliato dal secondo conflitto mondiale, la grande tensione all’assoluto e alla divinità dell’uomo, presente nella cultura nipponica è andata lentamente degenerando. Oggi, nell’immaginario di molti occidentali, la figura della Geisha è diventata il sinonimo della sottomissione femminile.
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