La storia della cucina giapponese inizia intorno al 300 avanti Cristo, quando gli abitanti del Giappone vivono ancora di caccia e pesca. In questo periodo, sulle coste giapponesi sbarca un popolo straniero, che probabilmente arriva dalla Cina. I nuovi venuti portano in Giappone una pianta che sarà la base della cucina nazionale: il riso. Nel VI secolo dopo Cristo, con l’avvento del buddismo, in Giappone si diffondono precetti religiosi che limitano il consumo di carne. Così la cucina giapponese si specializza nei piatti di pesce.

Riso e pesce si incontrano a partire dall’VIII secolo. I giapponesi sviluppano l’usanza di riporre i pesci sottovuoto tra due strati di riso. Il processo di fermentazione del riso, infatti, aiuta a conservare il pesce, e gli conferisce un sapore agrodolce. Il pesce, quindi, viene estratto dal riso e consumato a parte. Questo tecnica di preparazione si chiama narezushi, un termine che si può tradurre come riso fermentato. È solo in seguito che i giapponesi iniziano a consumare, insieme al pesce, anche il riso. Col tempo la cucina giapponese darà vita a numerosi piatti basati sul pesce crudo e sul riso bollito. Semplificando la parola narezushi, questo tipo di cucina verrà chiamata sushi.

Il pesce crudo mangiato da solo prenderà il nome di sashimi, cioè corpo infilzato: forse un riferimento allo spiedo che si usa per uccidere l’animale. Sempre nel XVI secolo, i missionari gesuiti importano in Giappone una pastella di pesce e verdura. E’ l’unico piatto consentito ai religiosi nei periodi di penitenza, che in latino sono chiamati tempora. I giapponesi storpiano la parola e la usano per indicare il nuovo piatto: tempùra.

Oltre che di riso e pesce, la cucina giapponese fa largo uso di altri alimenti. Ad esempio il daikon, cioè il rafano bianco. Oppure il tofu, una sorta di formaggio ricavato dalla soia. O alcune alghe marine chiamate nori. Nel complesso, gli ingredienti della cucina giapponese hanno pochi grassi e sono ricchi di sostanze benefiche: fosforo, proteine, vitamine A, B e C, lecitina e omega 3. I giapponesi attribuiscono una grande importanza all’estetica del cibo. Gli alimenti sono divisi in cinque colori: rosso, verde, giallo, bianco e nero. Le ciotole devono avere lo stesso colore del loro contenuto. La forma è altrettanto importante. Il taglio del cibo è considerato una vera e propria arte, praticata con coltelli molto affilati, d’acciaio o di ceramica. E’ tipica del Giappone anche la Cerimonia del tè: un complesso rituale dalle regole precise, che rispecchiano gli ideali di spiritualità e distacco dal mondo, propri della filosofia Zen.

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